Quando si parla di costo del lavoro per un’azienda si fa riferimento all’ammontare delle spese sostenute da ciascuna impresa per remunerare i propri dipendenti.

Una voce di spesa che incide notevolmente sui costi fissi dell’azienda e che in bilancio si colloca nel conto economico alla voce Costi delle produzione.

Vediamo ora insieme di capire insieme da quali voci è composto, come si calcola e il costo del lavoro in Italia.

Costo del lavoro: calcolo

Da un punto di vista aziendale, il costo del lavoro si compone delle seguenti voci:

• Ral: Retribuzione Annua Lorda;
• Contributi previdenziali e assicurativi a carico del datore di lavoro (INPS e INAIL);
• Accantonamenti per Trattamento di fine rapporto e/o ;

per quiescenza o simili: ossia accantonamenti a fondi di previdenza integrativa diversi dal TFR;

• Accantonamenti per altri costi: come ferie non godute, permessi ed ex festività non goduti.
• Oneri stabiliti dalla contrattazione collettiva applicata, quali assicurazione sanitaria, contribuzione agli enti bilaterali e simili.

La retribuzione annua lorda è la somma degli stipendi lordi che vengono corrisposti al dipendente nel corso dell’anno solare.

La retribuzione lorda comprende  a sua volta:

• Paga base: definita dal contratto individuale di lavoro, comprensiva di voci quali contingenza, scatti di anzianità, EDR, superminimo;
• Attribuzioni accessorie: che vengono corrisposte solo al verificarsi di determinate situazioni (ad es. premi di rendimento, maggiorazioni per lavoro straordinario, trasferte, etc);
• Elementi differiti: maturano in funzione dell’attività lavorativa e verranno corrisposti in determinati periodi dell’anno (es. tredicesima/quattordicesima).
• Tasse e contributi previdenziali a carico del dipendente. Il datore di lavoro, nei confronti dell’Inps e dell’Erario è considerato un sostituto d’imposta per conto del dipendente, infatti trattiene direttamente le imposte dovute dal dipendente e le versa alle casse dello Stato.I contributi previdenziali ed assicurativi a carico del datore di lavoro, invece, devono essere versati per garantire al dipendente la pensione (contributi INPS) e l’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali (contributi INAIL), oltre a concorrere a finanziare strumenti quali la NASPI, gli ammortizzatori sociali, le prestazioni di malattia e maternità.

Il loro importo è stabilito applicando un aliquota percentuale al valore della retribuzione lorda mensile, aliquota che cambia in base  all’attività svolta dal datore di lavoro, al numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro e alla qualifica legale del dipendente(operaio, impiegato, quadro o dirigente).

Il TFR, che è anche chiamato liquidazione, è una porzione di retribuzione differita che il datore di lavoro deve accantonare  per poi versare al lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro.

Costo del lavoro in Italia: il cuneo fiscale

Il cuneo fiscale, secondo la definizione fornita dall’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è “il rapporto tra l’ammontare delle tasse pagate da un singolo lavoratore medio e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore”.

In pratica il cuneo fiscale è la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro per il dipendente e il valore netto della retribuzione, una differenza che si incrementa all’incrementarsi del valore delle imposte.

Il cuneo fiscale italiano nel 2021 è stato pari al 46,5%, in calo di 0,4 punti rispetto al 2020  e si conferma uno dei più gravosi nel mondo industrializzato.

Per questo il taglio del cuneo fiscale è sempre al centro di dibattiti tra lavoratori e imprese e allo studio dei vari governi che vorrebbero abbassare i costi che gravano su impresa e aumentare i benefici per i lavoratori.

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